22 Agosto 2022 14:00

Attenzione ai nuovi consumi, per valorizzare al massimo la proposta del centro commerciale

La fase delle riaperture ha portato al recupero di fatturati pre-pandemici, ma ha anche fatto emergere nuovi comportamenti da parte dei consumatori.

Mentre è evidente che il centro commerciale ha riconquistato il proprio ruolo, con le vendite online che sono tornate a livelli più fisiologici, stanno prendendo forma alcuni nuovi trend a livello di singole tipologie di consumo. L’elevata inflazione, le tecnologie digitali, il persistere dello smart working stanno infatti provocando rilevanti cambiamenti nella frequenza e nelle preferenze degli acquisti di beni e servizi all’interno dei centri commerciali.

IGD monitora e analizza questi fenomeni per procedere prontamente a ricalibrare l’offerta in termini di merchandising e tenant mix, sempre più convinta della validità del proprio modello di business ma anche sempre molto attenta a fornire nuove soluzioni in fase di cambiamento.   

Sondiamo questi aspetti ponendo alcune domande a Roberto Zoia, Direttore Patrimonio, Sviluppo e Gestione Rete di IGD SIIQ SPA.

 

Quali sono i comportamenti dei visitatori che avete potuto osservare nei centri commerciali IGD in questa prima parte dell’anno?

A partire da maggio, tolto l’obbligo delle mascherine per proteggersi dal COVID, le persone sono tornate a frequentare i centri commerciali e durante queste visite sono anche tornate a spendere. I numeri ci dicono che siamo sopra i livelli prepandemici, quelli del maggio 2019, in termini di fatturato degli operatori, anche se il dato degli ingressi è ancora inferiore ai livelli storici. Dalle analisi che abbiamo condotto nei nostri centri commerciali, questo non vuol dire che abbiamo ora meno clienti di prima, ma semplicemente che nel nuovo contesto il cliente compie meno visite nell’arco di un mese ed esce con uno scontrino medio più alto.

 

Quali sono stati i principali riflessi di questi nuovi modelli di comportamento dei visitatori sul vostro business?

Un primo fenomeno che possiamo individuare riguarda le attività di somministrazione, quindi bar e ristoranti, che sono in recupero, ma con qualche difficoltà. Del resto, è evidente che se il cliente viene meno volte al centro commerciale, consuma meno caffè o meno pasti di prima in un mese. Un utilizzo ancora importante dello smart working in molte realtà, soprattutto nei centri urbani di maggiori dimensioni, continua a condizionare inoltre le consumazioni dell’ora di pranzo. Un secondo tratto che emerge in modo chiaro da questa nuova fase dei consumi è la preferenza per la prossimità: questo si traduce nel fatto che i visitatori hanno ridotto il numero di viaggi che fanno in un mese per andare in un centro commerciale. Se il cliente deve coprire un tragitto di 30-40 chilometri per raggiungere il centro commerciale più vicino all’interno del proprio bacino di riferimento lo frequenta meno e dirotta una parte degli acquisti al Centro di prossimità

 

Le persone frequentano meno, ma sono tornate. Dunque, abbiamo la prova che il centro commerciale non è un modello superato?

La fine dell’emergenza pandemica ha decretato il ritorno all’acquisto fisico: questo è un dato di fatto.

Quando i centri commerciali hanno potuto riaprire a pieno regime, sono andati meglio delle vendite online. Certamente tutti noi continuiamo ad acquistare i nostri viaggi online, ma siamo tornati a provare i capi di abbigliamento in negozio, apprezzando l’esperienza dell’acquisto. D’altra parte, insegne come Zara oggi si fanno pagare per il ritiro dei resi: un’altra ragione che scoraggia dal continuare a comprare online con l’idea di potere restituire ciò che si è acquistato.

 

Che segnali ci danno le transazioni nel settore immobiliare retail concluse di recente?

Direi che possiamo ricavarne segnali eloquenti. Al momento C’è molto appetito per le transazioni che riguardano supermercati e retail park. Nel Regno Unito, negli ultimi sei mesi, sono praticamente triplicate le transazioni relative ai centri di prossimità. Il commercio fisico non è affatto morto, come qualcuno avrebbe voluto decretare. E i numeri pubblicati dai giganti dell’e-commerce ci indicano che le vendite stanno calando soprattutto nelle aree geografiche in cui avevano raggiunto livelli di picco come percentuale di penetrazione sulle vendite totali.

 

L’evoluzione in chiave digital quali risultati ha prodotto sugli operatori presenti nei vostri centri commerciali?

Le insegne che hanno sposato la scelta dell’omnicanalità sono state premiate, perché oggi sono quelle che registrano le migliori performance in termini di vendite fisiche. I dati che osserviamo sugli operatori dell’elettronica e dei beni per la casa ci danno questo tipo di segnale in modo netto.

 

Quali sono gli impatti dell’elevata inflazione?

Non c’è dubbio che la bolletta dell’energia elettrica molto più cara costringe le famiglie a ripensare i propri budget di consumo. Il rincaro dei carburanti incide inoltre in modo pesante anche sul costo di trasporto in auto verso il centro commerciale, spingendo a contenere il numero di visite nel mese.

 

C’è un effetto-inflazione riscontrabile anche nei fatturati dei retailer?

I valori delle vendite degli ultimi mesi sicuramente incorporano una certa componente di inflazione, perché alcuni prodotti, come gli alimentari, sono già stati acquistati e poi rivenduti, a prezzi crescenti con i riassortimenti. Questo discorso si applica in misura più limitata ad altre merceologie, come il tessile, dove gli acquisti sono fatti con due stagioni di anticipo: i prodotti oggi in negozio sono stati acquistati dai retailer quando l’inflazione era di molti punti percentuali inferiore a quella attuale.

 

Come sta procedendo la stagione dei saldi?

Il week end che ha inaugurato l’apertura dei saldi non è stato entusiasmante. C’è da dire che da un lato il bel tempo ha incoraggiato le persone a recarsi verso località di villeggiatura, mentre dall’altro proprio nella prima settimana di luglio in Italia c’è stata una punta nei contagi, con oltre un milione di persone in quarantena. Anche se i dati successivi di luglio sembrano più incoraggianti, potremo fare un vero e proprio bilancio dei saldi, comunque, solo alla fine della stagione. Il fatto, poi, che i nostri centri commerciali in località di mare stiano registrando performance molto buone, superiori a quelle medie del nostro portafoglio italiano, conferma in qualche misura che probabilmente diverse persone stanno utilizzando di più le seconde case o gli affitti stagionali in località di villeggiatura, agevolate anche dal perdurare di formule di lavoro flessibile a distanza.

 

Come si pone IGD rispetto ai fenomeni indotti dai nuovi comportamenti di consumo, che penalizzano la somministrazione e i piccoli commercianti?

Ricordiamoci intanto che l’incidenza della ristorazione sul totale dei nostri metri quadri di GLA complessiva non è elevata. Non ci eravamo sbilanciati sulla creazione di enormi food court quando questo era un fenomeno generale nei centri commerciali e oggi ne beneficiamo. In generale, comunque, IGD sta rispondendo agli effetti dei nuovi trend di consumo con l’approccio di un attento retail strategist: per questo siamo proattivi nel cambiare, nel fare evolvere il nostro tenant mix. Ci è molto chiaro che la domanda di poke bowl hawaiani tra due o tre anni potrebbe essere sostituita da nuove tendenze: siamo quindi pronti a smontare e rimontare negozi in numero consistente nell’arco di un anno.

La cosa importante è analizzare con attenzione i comportamenti, intuirne l’evoluzione e agire con prontezza. E su questo, abbiamo dimostrato di avere un rassicurante track record…