Il Resto del Carlino: “Ecco come cambia lo shopping”
Conti ok per Igd, colosso dei centri commerciali.
di Matteo Naccari
Le strategie dell’ad IGD – Immobiliare grande distribuzione – realtà con sede a Bologna e tra i principali attori in Italia nella proprietà e gestione di centri commerciali – ha chiuso il 2018 con ricavi da attività locativa per 151,8 milioni di euro (+ 9,2% sul 2017). Il cda della società – che ha come azionisti di maggioranza Coop Alleanza 3.0 (40,9%) e Unicoop Tirreno (12%) – ha anche approvato di proporre all’assemblea degli azionisti un dividendo di 50 centesimi per azione. Questo bilancio chiude un cerchio in Igd – che gestisce 27 gallerie commerciali e 25 ipermercati sparsi in 12 regioni italiane, ha 175 dipendenti e centri commerciali anche in Romania – perché porta a termine il piano industriale 2016-2018. Nell’intervista l’amministratore delegato, Claudio Albertini, 60 anni, fa il punto sulla società che ha approvato un nuovo piano strategico al 2021.
Claudio Albertini, lei è l’amministratore delegato di Igd da 10 anni: un bilancio?
«Siamo cresciuti moltissimo. E i dati lo dimostrano. Ad esempio, il nostro patrimonio immobiliare adesso ha un valore di 2,4 miliardi, in salita dell’8,3% sul 2017: era di 1,4 miliardi alla fine del 2008». Una valutazione del 2018? «Il mercato è in continua evoluzione, lo scenario è stato senza dubbio instabile con un rallentamento dei consumi, a questo si aggiunge la concorrenza del commercio via web, fenomeno in aumento anche in Italia. Il nostro business si basa sugli affitti dei punti vendita presenti nei nostri centri commerciali che hanno comunque performato bene nel 2018 con le vendite degli operatori in crescita del 2,2% rispetto al 2017».
Come si reagisce a questi cambiamenti?
«L’importante è non rimanere fermi. I nostri sforzi sono concentrati nel creare ‘traffico’ all’interno dei nostri centri: si può fare in tanti modi, ad esempio organizzando concerti o eventi culturali, come presentazione di libri, oppure spettacoli, e investendo per rendere funzionali le strutture». Basta questo? «No, puntiamo anche sui servizi. In 21 dei nostri centri commerciali si possono trovare cliniche dentali, in 4 ci sono le sale cinematografiche, in altri ancora le palestre, senza tralasciare l’importanza che stanno assumendo le ‘food court’, spazi con offerte gastronomiche di tutti i tipi: le vendite di questo segmento pesano già per l’8% sul totale del fatturato».
I centri commerciali hanno ancora un futuro?
«Sì, se riescono ad evolversi. Nei nostri lo stiamo facendo, riducendo gli spazi dedicati ai classici supermercati e aumentando quelli per le gallerie di negozi o dove le persone possono incontrarsi».
E l’e-commerce?
«Stiamo cercando di trasformarlo in un’opportunità. Ad esempio con Amazon abbiamo siglato un accordo che prevede l’inserimento di locker nei nostri centri dove ritirare i prodotti comprati sul web. E’ una via per aumentare il movimento di visitatori e offrire servizi in più».
Quanti visitatori avete avuto nel 2018?
«Circa 89 milioni».
Quali sono i vostri obiettivi?
«Dopo un decennio di crescita ora puntiamo a consolidarci. In Italia siamo il primo player a proprietà italiana, riteniamo di avere raggiunto una dimensione ottimale, con i nostri azionisti che hanno investito capitali ingenti per finanziare il nostro sviluppo. Ora lavoriamo per migliorare il nostro portafoglio, con interventi mirati sui centri, ma non pensiamo ad allargarci ancora attraverso acquisizioni, pur restando vigili sul mercato nel caso si presentino occasioni». Chi compra le vostre azioni? «Moltissimi fondi, in particolare dall’estero, che ci vedono come un investimento sicuro. Siamo impegnati anche ora fuori dall’Italia in un roadshow per presentare i nostri piani, siamo stati in Lussemburgo e a Bruxelles, andremo a Parigi, Amsterdam e Londra».
Volete investire fuori dai confini nazionali? Avete già 14 centri commerciali in Romania…
«No. Se arrivasse un’offerta per il portafoglio in Romania potremmo valutarla, ma per ora ci sta dando buoni risultati».
Che ripercussioni potrebbe avere lo stop domenicale al commercio?
«E’ un provvedimento che non ha senso, in particolare in una congiuntura dove i consumi avrebbero bisogno di una spinta. Senza contare che è una scelta che creerebbe disoccupazione e che finirebbe per dare vantaggi soprattutto al commercio online».
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