7 Agosto 2020 10:00

Nuove tendenze di consumo dopo il lockdown

La progressiva caduta delle limitazioni post-lockdown ha portato i centri commerciali a riprendere vita. Gli ingressi tuttavia sono molto diversi a seconda delle aree geografiche. Anche i ricavi degli operatori hanno dinamiche differenziate a seconda delle attività.

Si profila un cambiamento strutturale nei modelli di consumo? Come sta rispondendo IGD alle nuove esigenze?

Sottoponiamo questi interrogativi a Roberto Zoia, che in IGD è Direttore Gestione Patrimonio, Sviluppo e Gestione Rete.

 

Cosa è cambiato nei centri commerciali di IGD da quando sono progressivamente cadute le restrizioni imposte dal governo italiano per contenere i contagi?

Dal 18 maggio in poi abbiamo assistito a un incremento del numero di visitatori all’interno dei nostri centri commerciali. A oggi abbiamo recuperato all’incirca l’80% degli ingressi pre-lockdown: un dato più che giustificabile se si considera che per il momento non sono in corso eventi che stimolino traffico. D’altro lato, va anche tenuto presente il calo del reddito disponibile subito da alcune fasce della popolazione e la maggiore propensione al risparmio da parte delle famiglie italiane a fronte di un contesto ancora profondamente incerto. Un calo degli ingressi del 20% nel portafoglio italiano, perciò, non ci lascia scontenti. Se si vuole fare una valutazione completa, oltre al dato medio, vanno però analizzate con attenzione anche le performance a livello di area geografica e di merceologia.

C’è una territorialità nell’evoluzione degli ingressi?

C’è molta territorialità. Nel NordOvest e in Emilia-Romagna, ad esempio, il recupero è più difficile: i comportamenti delle persone riflettono la particolare intensità con cui ha colpito il Covid-19. A Roma e in Sicilia, invece, le persone hanno ripreso a muoversi come prima. A Guidonia, per citare un caso concreto, recentemente abbiamo avuto giornate con un incremento del 20% degli ingressi rispetto al dato della medesima giornata del 2019. Anche per progettare iniziative promozionali ed eventi di forte richiamo, occorrerà perciò studiare con attenzione la realtà a livello locale.

Da sempre sostengo che per fare bene il nostro mestiere di gestire il centro commerciale abbiamo bisogno di tenere in considerazione il territorio; il virus ci ha offerto l’ennesima prova che non ci sono ricette standard che possiamo applicare ovunque.

Questa capacità di interpretare il territorio è perciò un vostro punto di forza?

IGD può offrire un valore aggiunto proprio in questo ruolo di interprete delle specifiche esigenze della clientela a seconda delle singole aree. In quest’ottica, in uscita dalla fase più severa del lockdown, abbiamo voluto condurre due indagini su circa 7.000 visitatori dei nostri primi sette centri commerciali: la prima tra il 13 e il 18 maggio, la seconda tra il 3 e il 9 giugno. I risultati ci hanno confermato il profondo apprezzamento degli intervistati sull’attenzione che IGD ha dedicato agli aspetti di salvaguardia della salute delle persone. Abbiamo inoltre raccolto puntuali indicazioni sulle aspettative per il futuro, per esempio in relazione al desiderio di potere trovare nuovi marchi in galleria: segno che le persone tornano ad avere aspirazioni e a guardare avanti.

Ci sono differenze nella distribuzione degli ingressi durante la settimana?

Sì, e anche piuttosto pronunciate. Il sabato e la domenica, che prima rappresentavano il picco di traffico, oggi sono i due giorni più difficili. Appena tornate libere di muoversi tra una regione e l’altra, molte persone sono andate in località di villeggiatura o nelle seconde case per il fine settimana, con effetti visibili in termini di riduzione degli ingressi nei centri commerciali collocati in grandi aree metropolitane.

Come si sono comportati gli operatori presenti nei vostri centri in questa fase di riaperture?   

Le catene dei grandi retailers internazionali hanno un protocollo stabilito a livello centrale che devono scrupolosamente seguire; così a volte paradossalmente si assiste alla formazione di code davanti al negozio per misurare la temperatura a persone alle quali era già stata misurata all’ingresso del centro commerciale. Abbiamo invece potuto osservare valide iniziative di operatori di media dimensione o di franchisees, che hanno maggiore autonomia e capacità di adattarsi alla nuova situazione.

Ci diceva prima che oltre che differenze di performance a seconda della collocazione geografica del centro, ci sono differenze anche a seconda della categoria merceologica…

Sì, è così. Se da un lato l’elettronica è quella che mostra i migliori andamenti delle vendite – data l’esigenza di dotare tutti i membri della famiglia di adeguati device per esigenze di studio e lavoro – l’abbigliamento è il comparto che soffre di più, in particolare nel segmento femminile. Una parte del problema è che alcuni marchi stanno ancora sfruttando la cassa integrazione, per cui il personale è a ranghi ridotti: manca di fatto l’efficienza che c’era prima nel punto vendita, proprio in un momento in cui servirebbe più personale per sanificare rapidamente ogni capo provato.

Alcuni marchi hanno sperimentato per qualche giorno un assetto da “dark store”, con accesso dedicato al servizio di “click&collect”, ma sono poi tornati al modello tradizionale, perché comunque le clienti vogliono vedere e provare il capo di abbigliamento prima di acquistarlo.

Come si stanno muovendo le insegne della parte food&beverage?

I bar hanno riaperto tutti. Per i ristoranti c’è ancora una situazione di domanda limitata: per cui alcuni hanno preferito rimanere chiusi per il momento. Va considerato che i centri commerciali che a mezzogiorno prima potevano contare sulla presenza di persone che lavoravano nell’area circostante, oggi sono particolarmente penalizzati nelle attività di ristorazione dal fatto che molti non siano ancora rientrati in ufficio, ma continuino a lavorare in remoto. C’è tutto un mondo di insegnanti, informatori medico-scientifici o addetti delle ditte di manutenzione che prima utilizzava i ristoranti del centro commerciale per pranzare e che oggi non ha ancora ripreso la propria abituale routine. Anzi, molti datori di lavoro stanno concedendo pause-pranzo più lunghe del normale per consentire ai propri dipendenti di tornare a casa a mezzogiorno e rientrare sul luogo di lavoro nel pomeriggio.

Come si stanno comportando gli ipermercati?

Gli ipermercati hanno rappresentato un’ancora di salvataggio nella fase più severa del lockdown, garantendo l’approvvigionamento dei beni essenziali e permettendoci di tenere sempre aperto il centro commerciale. Sembrerebbero perciò avere recuperato un certo appeal, anche agli occhi di chi fino a pochi mesi fa ne guardava il futuro con un certo scetticismo… Dopo il 18 maggio naturalmente si sono progressivamente ridotti i volumi venduti, per uno spostamento del budget di spesa a favore di bar e ristoranti: l’erosione del picco dei consumi alimentari registrato quando tutti gli italiani erano confinati in casa, del resto, è un fenomeno che era nelle aspettative e non riguarda solo i centri IGD, ma l’intero settore.

I cinema hanno potuto riaprire solo dal 15 giugno: come stanno andando le riaperture?

È vero, dal 15 giugno è stato possibile tornare al cinema, ma in questo caso il problema è che non ci sono film nuovi da proporre, dal momento che le case di produzione hanno sospeso le riprese delle nuove pellicole: ci vorrà perciò ancora un po’ di tempo prima di potere tornare a una condizione normale. Nel frattempo, nel centro commerciale di Mantova abbiamo realizzato un’iniziativa di cinema all’aperto nell’Arena La Favorita, dove proiettiamo i film usciti nell’imminenza del lockdown. È naturale che fino a quando non riprenderà l’attività dei cinema, rimarrà molto penalizzata anche la ristorazione serale.

Con quale prospettiva state gestendo i vostri centri commerciali dunque?

Credo che non dovremo lasciarci influenzare da studi che profetizzano un futuro nel quale saremo tutti sempre in remote working, mangeremo con la consegna di cibo a casa, acquisteremo tutto ciò di cui abbiamo bisogno online e vedremo i film in streaming dalla televisione. Il numero di persone che si è riversato nelle località di villeggiatura in questi ultimi week end, riempiendo spiagge, hotel e ristoranti, ci indica che i timori del contagio non hanno cambiato il desiderio delle persone di uscire di casa e di fare vita sociale.

In futuro alcune specifiche abitudini potranno essere modificate, ma niente indica che ci sarà un cambiamento sostanziale e permanente nello stile di vita delle persone.

Quale scenario ritenete sia il più credibile?

Se guardiamo alle dichiarazioni dell’OMS, pare che ci dobbiamo preparare a vedere il peggio in autunno. Abbiamo letto molti studi di società specializzate nel fare scenari, ma non ci sono ancora le idee chiare sui progetti da mettere in campo.

Nel breve periodo credo che la priorità sia quella di convivere con la fase di emergenza, anche perché comunque fino al 15 ottobre in Italia sussistono tutta una serie di limitazioni.

In IGD abbiamo deciso che, indipendentemente da come evolveranno i contagi, fino a fine anno comunque manterremo alto il livello di attenzione sugli aspetti di vigilanza, distanziamento sociale e sanificazione, per garantire la sicurezza di tutti coloro che entrano nel centro commerciale. Naturalmente speriamo in un allentamento delle limitazioni, per potere rendere l’ingresso e la permanenza nel centro più fluida pur senza ridurre le precauzioni. Le indagini che abbiamo condotto sui 7.000 clienti ci hanno fornito indicazioni chiare in questo senso. La domanda-chiave che ci fa il visitatore è: “Ma tu, IGD, sei in grado di controllare effettivamente le distanze e di assicurarmi un percorso sicuro all’interno del centro?”.

Sì, noi siamo in grado di offrire queste garanzie. Perciò continueremo ad ascoltare i desiderata dei clienti: per rispondere con i fatti.

Grazie e buon lavoro.